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L’eredità delle Einsatzgruppen

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Oggi vi parlerò di questa unità scelta delle Schutzstaffel che si è macchiata di crimini contro l’umanità.

Formate nel 1939, dirette da Heinrich Himmler, gestite da Reinhard Heydrich e Ernst Kalternbrunner, il loro scopo era muoversi rapidamente dietro le truppe al fronte per pacificare la popolazione civile.

La pacificazione avveniva tramite sterminio programmato di ebrei e indesiderati. Tra loro chiaramente troveremo moltissimi cittadini sovietici catturati lungo le direttive d’azione delle Einsatzgruppen.

Questa unità fu divisa in quattro gruppi:

I comandanti dei 4 Einsatzgruppen

L’Einsatzgruppe A puntava verso gli Stati Baltici, Lituania, Lettonia e Estonia.

L’Einsatzgruppe B puntava Mosca, attraversando la Bielorussia.

L’Einsatzgruppe C era diretta verso l’Ucraina centrale, Kiev.

L’Einsatzgruppe D era invece incaricata di mettere in sicurezza la parte meridionale dell’Ucraina.

L’azione delle Einsatzgruppen, l’organizzazione meticolosa e l’impiego di collaboratori per portare a termine il loro piano disumano, fanno di questo capitolo una delle macchie più nere nelle pagine di storia.

Babi Yar a Kiev e Rumbula in Lettonia sono solo due dei più grandi eccidi mai perpetrati: nel primo caso furono eliminati 33.000 ebrei, nel secondo 25.000, uccisi in 2 giorni ininterrotti. Va menzionato anche Bogdanovka, un campo di concentramento in Romania dove gli esseri umani erano ammassati dentro porcili e uccisi al loro interno a ritmo di 300-400 vittime al giorno per un totale di 30.000 ebrei uccisi. Non lontano dal fiume Bog, Bogdanovka raccolse gli ebrei provenienti da Odessa e dalla Transnistria.

L’operazione di sterminio cominciò con apparente calma e fenomenale organizzazione. Durante il corso della guerra tuttavia la necessità di eliminare gli ebrei rumeni, ucraini, polacchi e baltici aumentò rapidamente.

L’intera logistica delle deportazioni dai ghetti, dalle città dell’Europa, dai campi di lavoro e la sistematica eliminazione delle prove con metodi sempre più drammatici indicava l’impellente necessità tedesca di nascondere i propri crimini alla luce delle prime sconfitte con l’Unione Sovietica.

Vale la pena menzionare che dal 1943, dopo la caduta di Stalingrado, Himmler capì che la Germania avrebbe perso la guerra, diede quindi disposizioni per cancellare ogni prova. Iniziarono dunque le riesumazioni degli eccidi compiuti a partire dal 1941.

Ad esempio, la riesumazione dei corpi dalle fosse comuni di Katyn nel 1943, servì un doppio scopo, mediatico e politico. Da un lato si poteva mostrare al mondo quanto inumani fossero i sovietici, dall’altro poteva servire da scudo per l’operazione segreta di sterminio in atto e in procinto di essere accelerata. Da quel momento non avrebbero più lasciato tracce.

(Ricordiamo ai lettori che i polacchi rinveniranno a Katyn munizioni di fabbricazione tedesca. Joseph Goebbels scrisse nei suoi diari l’8 maggio 1943: “Purtroppo, munizioni tedesche sono state trovate in tombe a Katyn … È essenziale che questo incidente rimanga top secret. Se dovesse venire a conoscenza del nemico tutta la vicenda di Katyn verrebbe a cadere” , di Grover Furr)

Le riesumazioni degli eccidi nazisti erano a carico di prigionieri che venivano a loro volta eliminati. Furono riesumati i cadaveri degli eccidi precedenti, bruciati i corpi e le ossa ridotte in polvere. vennero organizzate cataste di resti umani per dar loro fuoco. Era impiegata ogni sostanza incendiaria, dalla benzina al fosforo. Il vento trasportava il fumo, l’odore e talvolta le grida delle vittime.
I prigionieri che svolgevano tali mansioni furono ingannati nel firmare falsi documenti che attestavano la loro libertà alla fine dei loro compiti. Una volta firmati erano comunque condotti al mattatoio, ignari probabilmente del triste epilogo della loro vita.

Bisogna notare che molti siti sono stati scoperti grazie a documenti in mano ai tedeschi, vere e proprie prove di colpevolezza, con foto, numeri, nomi e date. Alcuni luoghi di sterminio sono sicuramente passati inosservati o è stata cancellata con cura ogni traccia, sia sul posto che nella documentazione, andata probabilmente persa o appositamente distrutta.

I carnefici:

Una delle innumerevoli trincee, appositamente scavata per essere usate come fossa comune

L’eccidio cominciò nel 1941 e terminò alla fine del conflitto. Le stime parlano di oltre 2.000.000 di vittime da imputare alle sole Einsatzgruppen e i loro sottoposti. Verso la fine del 1944 molto del personale venne trasferito nei vari campi di lavoro e sterminio oppure direttamente al fronte. 1.000.000 ulteriori vittime pesano sulla coscienza dell’Orpo, la Ordnungspolizei gestita dalle SS.

Le persone coinvolte provenivano da ogni ceto sociale, ma i tedeschi responsabili di aver concepito l’intera campagna di caccia e sterminio di ebrei e indesiderati potevano vantare dottorati in legge, politica economica, medicina. Non erano sicuramente degli sprovveduti e calcolarono ogni mossa con tremenda accuratezza. Otto Ohlendorf, forse il più lucido tra i nazisti interrogati, fu l’unico che chiarì a tutti come mai venne organizzato tutto con tanta brutalità. I tedeschi sentivano la loro patria minacciata da una prossima eventuale invasione sovietica e decisero di intraprendere una guerra preventiva di annientamento. Saranno condannati donne e bambini, sovietici e ebrei, partigiani e civili. Tutto frutto di calcolo a medio-lungo termine, per assicurarsi territorio e salvaguardarsi da sicure insurrezioni future.

Non si può imputare il quantitativo di atrocità commesse ai soli tedeschi. Sarebbe molto difficile se non impossibile organizzare lo sterminio di milioni di persone con così poco personale. Ciascuno dei 4 Einsatzgruppe era composto da soli 500-900 uomini.

Testimoni indicano che a perpetrare le operazioni di sterminio non fossero solo gli organizzatori, le SS in particolare o la Wehrmacht. Alcuni sopravvissuti e molti testimoni, in vita fino a poco tempo fa, riportano con totale sicurezza che, a condurre le operazioni erano certamente i tedeschi ma a uccidere ebrei e civili fossero anche e soprattutto unità di nazionalisti assoldate in loco per adempiere questo scopo. Ucraini e lituani in testa.

Le conseguenze di tali eccidi si manifestarono sulla salute mentale e fisica dei tedeschi che vi parteciparono. Himmler stesso assistette ad una esecuzione di massa a Minsk nell’agosto 1941 e giunse alla conclusione che queste azioni comportavano troppo stress per i propri uomini. Ecco un’altra spiegazione per l’impiego di forze alternative. Furono organizzati dei ricoveri specifici per le SS che soffrivano di stress da crimini contro l’umanità. Inoltre per la prima volta vennero usati camioncini adibiti a camera a gas, poco popolari tra le SS solo perché era difficile rimuovere i corpi. Vennero dunque assunti degli ausiliari per operare tali strumenti dedicati perlopiù a donne e bambini.

I collaborazionisti ucraini:

Alcune foto scattate dai soldati tedeschi mostrano la crudeltà delle forze di polizia impiegate dalle SS. Immagini forti, non proponibili, ma necessarie per comprendere quanto la popolazione locale partecipasse attivamente a questi linciaggi. Non vi erano solo soldati e vittime, vi erano anche civili sorridenti, testimoni che portavano i propri bambini in braccio a vedere le esecuzioni e le persone bastonate a morte. Partecipando dunque alla derisione delle vittime da parte dei carnefici.

L’eccidio di Babi Yar

Bisogna ricordare che attraverso gli ingranaggi insanguinati delle SS sono passati innocenti, donne, bambini, semplici passanti, prigionieri politici e non. Tutti o quasi obbligati a denudarsi, a subire violenze in un ultimo gesto di scherno.

La scusa della guerra al Giudeo-Bolscevismo provocò gli effetti sperati dal Terzo Reich, la disumanizzazione dell’intera categoria ebraica unendola a quella dei cittadini sovietici, considerati come stranieri ostili, con i quali non vi può essere alcun intendimento, dei sub-umani da sterminare.

Alle squadre della morte non venivano mandati solo prigionieri selezionati all’interno dei ghetti (creati e progettati per l’internamento e l’eventuale deportazione, gestiti dalla Ordnungspolizei), giungevano prigionieri da tutta Europa trasportati con carri ferroviari per il bestiame. Coloro i quali avevano la sfortuna di non essere diretti nei campi di lavoro venivano smistati ai vari luoghi adibiti allo sterminio. Solitamente lontano dalle città, in gole, miniere o zone agricole. I pochi testimoni che sono riusciti a scampare alla morte sono stati fortunati a sopravvivere ma la loro vita non ne ha giovato, tra ricordi e immagini indelebili, ferite incurabili, fisiche e nell’anima. I loro racconti hanno dell’incredibile, del grottesco e tolgono ogni speranza. Ciò che è peggio, tuttavia, è che i loro carcerieri, i loro plotoni d’esecuzione, non hanno ad oggi alcun rimorso e passeggiano fieri per le strade centrali delle capitali dell’Europa dell’Est.

Paul Blobel dei Sonderkommando 1005, incaricato di esumare e bruciare i cadaveri per cancellare le prove

Ci si domanda come mai. La risposta non è semplice e neanche bella da sentire. Durante il processo di Norimberga vennero puniti solo i mandanti (non tutti) e molte pene vennero commutate, prima da pena di morte a carcere a vita, poi a libertà dopo 5 anni. Un comportamento liberale molto simile a quello tenuto dalle nazioni occidentali oggi.

I veri carnefici, coloro che han premuto il grilletto, sono stati lasciati in libertà, raramente interrogati, raramente hanno subito un processo regolare. Se ci si chiede come mai ancora una volta, è perché serviva una Germania forte dopo la sua sconfitta, in chiave anti-sovietica. Moltissimi ufficiali e soldati vennero immediatamente assunti con lavori di sicurezza e polizia nella Germania dell’Ovest.

In Unione Sovietica tuttavia le cose andarono diversamente, i processi tenuti a Kharkov e Riga testimoniano un trattamento tutt’altro che conciliante nei confronti dei responsabili. In un anno i tribunali di guerra avevano liquidato gran parte di coloro che erano in mano sovietica, tra impiccagioni e gulag. Certo non secondo la legge internazionale, ma la popolazione esasperata non chiedeva solo vendetta, chiedeva giustizia.

Abbiamo oltretutto testimonianze di soldati italiani tornati in patria dopo la campagna di Russia che rapidamente si unirono ai partigiani e anti-fascisti dopo aver assistito a più di un episodio sopra menzionato, delusi e per niente orgogliosi di aver partecipato a tale avventura di conquista.

Sono passati 70 anni, è cambiato qualcosa?

La storia delle Einsatzgruppen è strettamente legata a quella di Bandera e di tutti i criminali che con l’aiuto e la complicità nazista sono riusciti nell’impresa più macabra e orribile che la mente umana abbia mai potuto concepire.

Giovani nostalgici ucraini di Stephan Bandera

Il riemergere oggi di sentimenti nazionalistici violenti e persone dedite a massacri inauditi è una prova del fallimento del tribunale di Norimberga e degli alleati in generale, dimostrando quanto diversi e contrastanti fossero gli obbiettivi dei vari schieramenti alleati. L’Ucraina e gli Stati Baltici sono in preda ad un revisionismo storico senza precedenti. I cimiteri e le fosse comuni sono spesso oggetto di vandalismo e lasciati all’incuria, mentre vengono eretti mausolei agli “eroi” e assistiamo a processioni di ex-divisioni responsabili di eccidi. Si fomenta quotidianamente l’odio e la russofobia.

A noi italiani è parso cominciare tutto nel 2014, con Maidan (Marco Bordoni ha pubblicato più di un articolo a riguardo) e il manifestarsi di svastiche, persecuzioni e azioni simili a quelle dei fascisti ai “bei tempi”(c’è a chi piace ricordarli così, tra treni puntuali e paludi bonificate).

In realtà erano anni che avvenivano tali parate, stendardi e torce nella notte, nel silenzio totale dei media. La vera violenza è scattata durante Maidan con l’uso di cecchini contro la propria popolazione, le varie stragi tra cui Odessa e l’innumerevole quantità di crimini commessi in questi pochi anni di guerra.

E’ impossibile non fare un parallelo tra i gesti di oggi, compiuti spesso sotto l’effetto di alcool e droghe, con gli stessi gesti compiuti oltre 70 anni fa da uomini che prima di fucilare o mitragliare centinaia di persone dovevano bere fino all’ubriachezza per tollerarlo. Senza contare che durante la Seconda Guerra Mondiale l’uso di droghe come anfetamine era incoraggiato e molto diffuso.

Non deve quindi stupire il riemergere di qualcosa che ci han venduto come sconfitto 70 anni fa. Il vero problema è impedire che in Europa continuino a prevalere le logiche di prevaricazione ed imperialismo che hanno prodotto i drammi del passato, per evitare che si ripetano. L’unica arma a nostra disposizione pare essere l’indignazione internazionale e la denuncia di tali attività, in nazioni che per entrare in Europa si sono macchiate e si stanno macchiando di atrocità contro la loro stessa popolazione.

Ricorda drammaticamente l’inazione degli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale di fronte a una nazione, la Germania, che intendeva appropriarsi di territorio, vite umane e disporne a suo piacimento. Una esitazione dal costo quantificabile in 80 milioni di vittime, perse in guerre, malattie e carestie.

Ed è per questo che ciò che sta intraprendendo oggi la NATO assomiglia più ad una Operazione Barbarossa che ad altro. Non dimentichiamoci che mentre pretende di non muoversi ha accerchiato completamente la Russia e sta provocando i nazionalisti degli stati satellite a scopo anti-russo. Ad ogni azione russa pretende di essere vittima, che si tratti di qualsiasi cosa, dalle esercitazioni nei propri confini (i russi non devono chiedere autorizzazioni a nessuno) agli aiuti umanitari nel Donbass (che non sono mancati), ai voli negli spazi aerei internazionali (dove i caccia della NATO giocano una immaginaria pericolosa partita con il loro “nemico di sempre”) a provocazioni come l’abbattimento del volo Mh-17 (Stefano Orsi ha ricordato l’anniversario recentemente) o al famoso scudo anti-missilistico installato in Romania e in Polonia.
E’ quindi molto difficile per la Russia riuscire a sostenere coloro che si riconoscono russi in queste nazioni alla deriva.

La crisi ucraina deve insegnarci a riconoscere quanto la stessa situazione possa ripetersi in Moldavia, in Romania, in Bulgaria, in Lettonia e Lituania, e come questi stati possano essere usati senza alcun riguardo contro i nemici della NATO. Semplici pedine incoscienti, guidate da vassalli pagati in dollari, manipolatori di ideologie vetuste che dovrebbero essere morte e sepolte. Il nazismo, anche oggi come ieri, non si cela solo tra i militari ma tra molte persone istruite, tra la gente comune. Si cela nelle corporazioni, nella censura e nella persecuzione degli individui. Sopravvive grazie all’ignoranza e la menzogna. Può aver cambiato nome ma le azioni e le conseguenze sono le medesime.

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Articolo di Sascha Picciotto per SakerItalia.it


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