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La nuova “Grande Via della Seta” collegherà Europa e Cina?

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A fine marzo scorso, due eventi rilevanti in Asia e in Europa forniscono una buona ragione per guardare nuovamente [in inglese] allo stato attuale delle relazioni Cina-UE. La principale questione riguarda il summit dell’Unione Europea a Roma, tenutosi in occasione del 60° anniversario della firma del documento che diventò la base di partenza per l’attuale unione di 27 Stati. In secondo luogo riveste un ruolo importante il prossimo Forum di Boao dei rappresentanti delle Nazioni (soprattutto, ma non solo) asiatiche.

Il succitato Forum di Boao è stato così chiamato per il luogo ove si svolgerà – una città sull’isola di Hainan, in Cina. Tenendo conto della sua rilevanza, del modo in cui si svolgeranno i lavori, dei suoi obiettivi e della composizione dei partecipanti, il Forum di Boao è stato definito ‘il Davos asiatico’.

Entrambi gli eventi riguardano il destino della globalizzazione, il cui esempio (e risultato) più rappresentativo negli ultimi decenni è stato la fondazione dell’Unione Europea. Un altro attore “globalizzatore”, in passato protagonista, ha annunciato, per bocca del nuovo presidente statunitense, il proprio “ritiro dalla corsa”.

All’ultimo forum di Davos, il leader della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, ha espresso l’intenzione di riempire l’attualmente vacante posizione di comando. A Jinping si deve anche lo sviluppo dell’idea di ripristinare la Grande Via della Seta (GVS), che permetterebbe ancora una volta, proprio come uno o due millenni fa, il collegamento con i due restanti attori “globalizzatori”. I leader cinesi stanno comunque valutando la possibilità di ramificare la suddetta “strada” verso altri continenti, come ad esempio l’Africa.

Nel suo messaggio di benvenuto ai partecipanti del Forum di Boao, il presidente cinese ha sottolineato come lo slogan dell’evento (“Globalizzazione e libero scambio: prospettive asiatiche”) rifletta il desiderio della comunità globale in generale, e di quella asiatica in particolare, per la globalizzazione delle economie [in inglese] nazionali.

Gli esperti occidentali presenti al forum hanno unanimemente definito la Cina il più importante “stabilizzatore” dell’economia globale, sicuri che nei prossimi anni [in inglese] il suo ruolo non potrà che crescere.

Gli Europei dovrebbero in teoria essere attratti dal partner cinese, dato che le relazioni con esso non sono sovraccaricate da una componente politica (a differenza delle relazioni USA-Cina). Negli ultimi tre anni il volume del commercio bilaterale in beni e servizi è stato di circa 600 milioni [in inglese] di dollari, quasi il 10% in più del volume commerciale USA-Cina.

Anche se queste sono cifre impressionanti, non bisognerebbe tralasciare gli altissimi livelli di PIL dei due partner. È questo il motivo per cui Pechino e Bruxelles stanno attualmente discutendo del grande potenziale delle relazioni economiche e commerciali che non sono ancora state aperte.

In particolare, al livello più basso ci sono gli investimenti reciproci, il cui volume accumulato è calcolato da ciascuna delle parti come una percentuale del proprio investimento straniero totale. E, a partire dal 2013, sono in corso negoziazioni per concludere un accordo che espanda questi investimenti reciproci.

Sembrerebbe che debba essere consequenziale, per questi due partner, comprendere la visione e il sogno della Grande Via della Seta. Eppure c’è qualcosa in esso che rende l’UE particolarmente esitante e, in linea generale, è chiaro perché: sviluppare questo sogno aumenterebbe esponenzialmente il mutuo scambio di beni e servizi. Nonostante ciò, persino al livello attuale, gli Europei sono ancora assillati da interrogativi sui propri potenziali partner.

In primo luogo, gli Europei sono già impegnati in un gioco a perdere coi Cinesi che sta costando loro molto caro (meno 200 miliardi di dollari nel 2016). Inoltre questa perdita colossale cresce anno dopo anno. Allora perché rischiare di aggravare il problema, invece di eliminarne le cause? In secondo luogo, la rimozione di barriere restrittive dalle linee di scambio tra Cina e UE (che accompagnerebbero inevitabilmente la Grande Via della Seta) sta già ponendo seri problemi all’economia europea, specie coi suoi volumi attuali. Cosa succederebbe se il progetto della GVS partisse?

Queste due circostanze spiegano la strategia dell’Unione Europea di sabotare una delle missioni-chiave di Pechino: ottenere lo status di economia di mercato (SEM). Questa missione è rilevante soprattutto in relazione all’annuncio della pretesa cinese alla ‘globalità’.

Dobbiamo ricordare che l’ingresso della Cina nel WTO del 2001 (che rappresentò il primo passo verso l’integrazione dell’ex Impero Celeste nell’economia globale) fu accompagnato da una condizione, e cioè che la Cina acquisisse il SEM nei successivi 15 anni – cioè alla fine del 2016. Essendo passato questo intervallo di tempo, uno dei principali partner commerciali della Cina ha ora dichiarato di non ritenerla pronta per il SEM. Che succederà adesso?

Considerati questi sviluppi, la Cina si sta rivolgendo alla Commissione per la risoluzione di dispute del WTO, con un reclamo verso UE e USA che starebbero continuando la pratica di una (possibile) “valutazione surrogata” per sottostimare beni cinesi forniti ai mercati stranieri. Sulla base di queste “valutazioni”, sono stati stabiliti obblighi e tasse speciali per contenere i flussi di scambio cinesi.

Dato che la Cina deve ancora ottenere il SEM, è imperativo valutare il giusto valore delle sue merci seguendo l’esempio di alcuni Paesi del terzo mondo.

Oltre ai reclami formali, Pechino sta anche proseguendo una serie di progetti nel Vecchio Continente, dimostrando interesse nel superare gli attuali problemi interni dell’UE, e continuando “il primo progetto di integrazione mondiale”. I “burocrati europei” sono stati apertamente biasimati [in inglese], ed è stato affermato che il sentimento generale è che “senza la Cina, il futuro dell’Europa sarà ben poco roseo”.

Molte speranze sono riposte in un prossimo incontro annuale del forum bilaterale (uno dei tanti) dedicato allo sviluppo di relazioni economiche, a cui parteciperanno molti capi di Stato. Secondo la Reuters (che fa riferimento a una fonte anonima nelle istituzioni dell’UE), questo evento dovrebbe essere in programma tra aprile e maggio del 2017.

È stato ipotizzato che il programma includerà “lo sviluppo del libero commercio e della cooperazione internazionale in risposta al crescente protezionismo statunitense”.

Ad ogni modo, lo stato in cui versa attualmente l’Unione Europea è poco chiaro, e non sono state certo d’aiuto le teatrali celebrazioni a Roma, alla vigilia delle quali Jean-Claude Juncker non ha escluso il collasso dell’Unione nel caso uno dei suoi membri seguisse la strada tracciata dal Regno Unito.

Il punto di vista dell’autore è che non ci sia ancora alcun indizio che, all’imminente summit, i leader europei possano abbandonare la vecchia strategia di “affrettarsi ad un ritmo rilassato” per quanto concerne gli aspetti-chiave delle relazioni bilaterali con la Cina.

In ogni caso, le dichiarazioni di Angela Merkel, nel presentare il proprio piano generale in una conversazione telefonica con Xi Jinping [in inglese] lo scorso 17 marzo, non mostrano segnali in questo senso.

Considerando tutti questi fattori, non ci sono molte ragioni per credere che i negoziati riguardanti il progetto di creazione di collegamenti attraverso la GVS tra due delle tre più grandi economie mondiali, e attualmente i principali “globalizzatori” del mondo, potranno essere più di un sogno e un ricordo entusiasmante. Quantomeno nel prossimo futuro.

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Articolo di Vladimir Terehov pubblicato da New Eastern Outlook il 3 aprile 2017
Traduzione in Italiano a cura di barg per SakerItalia.it


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