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Perché Kiev ha appena espulso il fotoreporter italiano Giorgio Bianchi?

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Giorgio Bianchi, fotoreporter italiano autore di importanti reportage dal Maidan, dal Donbass e dalla Siria, è stato fermato all’aeroporto di Kiev: voleva partecipare alla commemorazione della strage di Odessa del 2 maggio 2014 e assistere a una manifestazione di Pravij Sektor, ma le guardie di frontiera lo hanno informato che è sottoposto a un divieto di ingresso per 5 anni e lo hanno rispedito a Roma col primo volo disponibile.

Giorgio, raccontaci come è andata.

Ieri sono atterrato alle 7:30 circa all’aeroporto di Kiev.
Al controllo passaporti mi è stato detto che c’erano problemi con il mio documento e sono stato invitato a recarmi in un ufficio della polizia di frontiera.
Lì mi è stato dato un foglio secondo il quale risultavo essere persona non gradita.
Sono stato accompagnato al gate e mi è stato detto di aspettare perché sarei stato rimpatriato con il primo volo.
Dopo un po’ sono tornati a prendermi in due e mi hanno portato in un’altra stanza dove c’era ad aspettarmi una funzionaria davanti ad un pc con web camera puntata su di me.
Hanno iniziato ad interrogarmi sul motivo della mia visita; a quel punto ho mostrato loro le mie lettere di accredito e ho spiegato che ero lì per verificare tutta una serie di informazioni che avevo raccolto nelle interviste che avevo fatto per il mio documentario.
I civili da me intervistati (gente che vuoi per lavoro, vuoi per ritirare la pensione o per andare a trovare i parenti facevano la spola tra l’Ucraina e il Donbass ) mi avevano riferito di un clima da caccia alle streghe ma soprattutto si sono sempre rifiutati di offrire giudizi sulla situazione politica nell’Ucraina governativa o sulla nuova classe dirigente.
A questo punto prima di pubblicare il mio progetto ho voluto recarmi sul territorio ucraino per verificare se queste informazioni corrispondessero al vero.
Oggi (2 maggio, ndr) ricorre l’anniversario del massacro di Odessa: quale luogo e occasione migliore per verificare lo stato del dissenso in un paese che aspira ad entrare nell’Unione Europea?
Ad Odessa, durante le commemorazioni, avrei avuto modo di incontrare persone comuni e intervistarle per capire se é vero che nell’attuale Ucraina è difficile se non impossibile manifestare le proprie opinioni e le proprie critiche.
In più per oggi è prevista una marcia dei Pravy Sector sempre ad Odessa.
Era mia intenzione riprenderla e al limite riuscire ad intervistare qualcuno degli estremisti.

Hai detto queste cose al funzionario? E come ha reagito?

Si certo che gliele ho dette, e gli ho mostrato anche le lettere di accredito. Ho detto loro che il mio viaggio era nel loro interesse, per offrire al loro paese una possibilità di replica. La risposta era sempre che a loro non interessava.

Le guardie di frontiera mi hanno detto che il decreto di bando di 5 anni era dovuto ad un mio presunto ingresso illegale sul loro territorio nel 2015. A quel punto gli ho risposto che io semmai rientravo in quell’esigua minoranza (circa il 10%) di reporter che all’epoca fecero tutte le cose in regola, ovvero che volai A/R su Kiev, che mi accreditai presso il loro Ministero dell’Interno ricevendo la ATO card, che mi recai a Kramatorsk via treno e a Donetsk via marshroutka. Per di più (ma non lo avevo li per mostrarglielo) avevo conservato il vecchio passaporto con i timbri dei check points.

Era del tutto evidente la pretestuosità di questo provvedimento.
All’epoca ricevetti anche un’informativa dal nostro Ministero degli Affari Esteri riguardo a questo provvedimento del quale il governo ucraino non si è mai premurato di informarmi.
Tramite un mio caro amico diplomatico ottenni un incontro informale alla Farnesina (parliamo sempre di 2015) per chiarire la situazione.
Portai all’incontro tutte le carte per dimostrare l’infondatezza del provvedimento e lui mi disse che avrebbe verificato con i corrispettivi ucraini.
Dopo una settimana mi riconvocò per dirmi che era tutto chiarito (in quel periodo Poroshenko era in visita in Italia per incontrare Gentiloni ministro degli esteri) e che le autorità ucraine avrebbero provveduto a rimuovere il mio nome dalla lista.
Dal canto suo il funzionario degli esteri si permise di suggerirmi di non fare rientro sul territorio ucraino nonostante la mia situazione fosse stata del tutto chiarita.

Sei mai entrato in Donbass passando dalla Russia?

Per i motivi che ho detto, negli anni a venire decisi di continuare a raccontare il conflitto solo da un lato del fronte, entrando nel Donbass dalla Russia.
Per me fu un vero peccato, perché avrei voluto continuare a descrivere il conflitto da entrambi i fronti.
Il fatto che avessi fotografato soltanto da un lato, negli anni mi ha portato ad essere sommerso dalle critiche di parzialità nel raccontare i fatti (probabilmente quelli che mi criticarono allora sono gli stessi che oggi esultano per la mia espulsione, valle a capire certe cose).
Fatto è che, visto che sto per uscire con un lavoro importante, ho ritenuto doveroso fare un altro tentativo per dare diritto di replica alla controparte, e per non essere accusato ancora nel futuro di dare un’informazione parziale.
All’aeroporto di Kiev ho incontrato una famigliola di russi, padre e due figli di 13 e 17 anni, che come me erano stati espulsi.
Erano in visita da amici ucraini con tanto di lettera di invito e documenti in regola, ma il padre mi ha riferito che sia lui che i suoi figli sono in una lista analoga alla mia con bando per 5 anni.

Stai finendo di girare un altro documentario sul Donbass. Nell’ultimo periodo il conflitto sembra si sia intensificato, con attacchi frequenti alle infrastrutture e altre vittime civili nelle Repubbliche a causa dei bombardamenti ucraini. Credi si tratti di un’escalation e che il governo intenda sferrare un attacco massiccio?

Sono stato nel Donbass a novembre per un mese e mezzo e a febbraio per un altro mese e mezzo. La situazione nelle repubbliche è sempre analoga. A novembre i bombardamenti erano sempre molto intensi mentre a febbraio/marzo non si è sparato quasi per nulla. Parlando con i civili e i militari di quella quiete quasi irreale la risposta unanime era che faceva quasi più paura delle bombe. Loro tutti mi dicevano che da tempo l’Ucraina stava preparando qualcosa di grosso e che quella era la quiete prima della tempesta.

La mia opinione è che a causa della sconfitta sul terreno in Siria, gli USA tenteranno una provocazione su larga scala nel Donbass. Il loro scopo sarà quello di tentare di fare in modo che la Russia intervenga direttamente a difesa delle popolazioni del Donbass. Qualcuno potrebbe obiettare che i russi sono già nel Donbass. A costoro in genere rispondo con una domanda: come mai l’Ucraina non attacca la Crimea? La risposta in genere è che lì i russi ci sono veramente.

Leggendo i commenti al post nel quale annunciavi il tuo fermo, e anche agli articoli che in Italia ne hanno dato notizia, sono rimasta stupita dalla ferocia con la quale sei stato attaccato dai sostenitori del governo ucraino, tra i quali molti italiani, che ne negano la natura golpista e che arrivano addirittura a mettere in dubbio i terribili fatti di Odessa. E’ tragicamente evidente il danno causato da questa guerra civile: l’odio etnico ha ormai irrimediabilmente lacerato il popolo ucraino, creando una frattura che sembra insanabile. Ammesso che ce ne sia la possibilità e la volontà, si potrebbe tornare a un’Ucraina unita o il progressivo processo di distacco delle Repubbliche e il loro avvicinamento alla Russia è irreversibile?

I commentatori professionisti su Facebook lasciano sempre il tempo che trovano. Gente che tratta la geopolitica dal solotto di casa che “leggiucchia” qualcosa qua e là e poi vuole dire la sua. Un po’ come fa ogni tanto Saviano da New York. La geopolitica purtroppo ha dinamiche molto complesse che per essere comprese necessitano una grossa attinenza con la realtà e non delle ipotesi fantasiose. Quelli che dicono che non fu un golpe in genere li invito a fare altrettanto in Italia, o in Europa o negli USA o in Israele (i motivi validi non mancano di certo, soprattutto in Italia visto che le manifestazioni in Ucraina furono fatte inizialmente anche contro la corruzione). Li invito a scontrarsi con la polizia armati di tutto punto con caschi, scudi, mazze, catene. A lanciare pietre, molotov, o a sparare contro la polizia (il 18 febbraio 2014 un poliziotto cadde colpito da un colpo di arma da fuoco ai miei piedi, ma i suoi colleghi mi impedirono di fotografarlo). Il rappresentante di Amnesty Lombardia, in visita alla mia mostra a Milano alla Fabbrica del vapore (http://www.polifemo.milano.it/wp/?p=3063) mi disse, stupito: “ma davvero i manifestanti erano così armati?”

Sarei curioso di vedere come reagirebbero i rispettivi governi cosiddetti democratici visto che per aver schierato la polizia a difesa dei palazzi governativi a Yanukovic hanno dato dell’autoritario. Provassero a protestare così negli USA o in Israele… sarebbero abbattuti come cani randagi (del resto Israele lo sta facendo regolarmente e i palestinesi, a differenza di quanto accadde a Maidan, non hanno contatto con le autorità israeliane).

Avrei curiosità di vedere come la stampa internazionale mainstream bollerebbe degli ipotetici scontri violenti come quelli di Maidan nei confronti delle autorità occidentali… se per caso non li definirebbe tentativi di golpe magari organizzati da Putin. La cosa divertente, come dicevo prima, è che molti di quelli che mi insultano oggi per aver tentato di entrare in Ucraina sono gli stessi che ti accusano di parzialità quando vedono che ti occupi solo di Donbass. Ho grande pena per loro: sono disinformati (o manipolati) e non si rendono neanche conto di essere delle povere pedine. Se vogliono la verità su Maidan e sulla conseguente crisi del loro paese devono guardarsi in casa… magari un giorno finiranno anche per ringraziare gli “idioti” come me, la storia è una ruota che gira. Comunque (e il clima di odio sui social ne è una ulteriore riprova) ritengo che l’Ucraina e le Repubbliche oggi si trovino su una linea di faglia e che siano due mondi in progressivo allontanamento. Non vedo allo stato attuale possibilità di riconciliazione ed è un vero peccato perché le persone comuni sono eccezionali da ambo le parti; sono soltanto dei poveri vasi di coccio.

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Intervista a cura di Barbara Oioli per SakerItalia.it

Il sito di Giorgio Bianchi: http://www.giorgiobianchiphotojournalist.com/
La nostra intervista di oltre un anno fa: http://sakeritalia.it/interviste/propaganda-di-guerra-e-menzogne-mainstream-intervista-al-fotoreporter-giorgio-bianchi/


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